come e perche della fotografia stenopeica

come e perche della fotografia stenopeica

Costruire le cose significa trasmetter loro la vita. Takamasa Yoshizaka

Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco.Confucio

La fotografia stenopeica ha il potere di catturare e trasformare la realtà visiva che ci circonda.
L’autocostruzione di macchine fotografiche a foro stenopeico offre l’opportunità di creare la propria macchina fotografica personalizzata utilizzando varie forme e materiali sensibili disponibili.
Non è necessario avere particolari abilità manuali ma solo la voglia di sperimentarsi, per questa ragione ma anche per altre, l’uso e la creazione di macchine auto costruite a foro stenopeico rientra nella cornice dell’art util. Accade infatti che si sostituiscano gli autori con facilitatori e gli spettatori con gli utenti, attivando pratiche con un approccio “peer-to-peer” (tra pari). L’uso del foro ci dà così la possibilità di proporre nuovi usi per l’arte all’interno della società. Questo democratizza l’arte e incoraggia la partecipazione creativa a livello individuale e comunitario, con progetti collaborativi che partono dal basso.
La fotografia stenopeica permette a ciascun individuo di creare il proprio spazio visivo e di interpretare la realtà in modi unici. L’atto stesso di costruire la macchina fotografica con le nostre mani solleva questioni tecniche e concettuali che ci spingono a riflettere sui nostri bisogni e necessità. La scelta dei materiali, delle dimensioni e dei supporti sensibili ci immerge in un’esperienza di esplorazione e di introspezione.

Spesso i risultati degli scatti stenopeici non corrispondono alle nostre aspettative, non abbiamo infatti il controllo completo sul processo. Questo aspetto ci aiuta ad accettare le imperfezioni e le piccole frustrazioni, incoraggiandoci a lasciare andare il controllo, sperimentare, e provare a divertirci prendendoci meno sul serio.
Un elemento chiave delle macchine stenopeiche è l’uso di un foro molto piccolo che funge da obiettivo e diaframma, spesso realizzato con materiali sottili e delicati come l’alluminio per alimenti. La creazione del foro richiede concentrazione e pazienza, infatti per determinarne il diametro esatto dovremmo seguire una regola matematica. Il risultato spesso è difforme, magari i fori saranno più grandi o troppo piccoli o doppi, e allora si prova e riprova a forare l’alluminio come fosse quasi una pratica zen. Il foro risultante diventa un’espressione di un gesto unico e speciale, quasi artistico, stiamo creando un terzo occhio che ci mostrerà la realtà in modi nuovi e inaspettati. Siamo chiamati a prenderci la responsabilità delle nostre scelte, sapendo che i risultati potrebbero deviare dalle nostre aspettative.

Il foro stenopeico permette alla luce arrivare direttamente al materiale sensibile, evitando distorsioni o aberrazioni, quello che si frappone tra noi e l’immagine è solo aria. I tempi di esposizione possono essere molto lunghi, anche di alcuni minuti o ore. Possono arrivare a giorni o mesi se si utilizza la solarigrafia, una tecnica che consiste nel catturare il paesaggio in relazione con l’immagine del sole durante il suo movimento. Questo solleva domande mentre scattiamo una foto: cosa accade e ci accade durante quei lunghi tempi di esposizione? Come cambiamo noi e ciò che stiamo fotografando nel corso del tempo? E se decidessimo di fare un autoritratto, saremmo sempre noi stessi in quella foto?

Data la lunghezza dei tempi di esposizione, è necessario stabilizzare la macchina fotografica su un supporto, spesso viene messa in terra o in posizioni non convenzionali. Questo cambia radicalmente la prospettiva con cui osserviamo ciò che ci circonda, allargando la nostra percezione e permettendoci di esplorare nuovi punti di vista sul mondo e su noi stessi.
Un aspetto peculiare del foro stenopeico è la sua capacità di mettere a fuoco sia gli oggetti vicini che quelli lontani, poiché ha una messa a fuoco da zero all’infinito. Questo significa che possiamo avvicinarci molto al soggetto, e l’immagine risultante sarà ancora una volta nuova e diversa.
Possiamo scegliere di diventare noi stessi il soggetto, creando autoritratti che ci mostrano sotto una nuova luce. Questa sfida alla nostra identità può dare risultati sorprendenti e perturbanti, offrendoci la possibilità di esplorare le molteplicità del nostro essere; attraverso l’accettazione dell’imperfezione visiva possiamo infatti cogliere l’unicità che genera bellezza. Questa integrazione contribuisce a una comprensione più profonda di come la fotografia stenopeica possa essere un veicolo potente per l’espressione creativa e la scoperta di sé.

Per quanto riguarda i fori e il costruire con le mani, credo che un passaggio importante sia proprio l’uso delle mani. Con le mani noi scriviamo, e lo scrivere, il dare parola, ci fa entrare in relazione con noi stessi, ci mette, in qualche modo, in un rapporto altro con noi stessi. Fisiologicamente, si attivano dei processi mentali e cinestetici che creano consapevolezza e formano il nostro essere. Questo uso delle mani come creatore si attiva anche quando costruiamo il nostro foro stenopeico: la stessa mano che dava parola al nostro sentire, al nostro stare nel mondo, adesso diventa creatore di un foro che diventerà il nostro occhio sul mondo, un occhio nuovo che prima non esisteva, un occhio fotografico che disegna e segna con la luce e si fa fotografia e, di nuovo, parola che ci aiuta a descrivere, a scrivere del mondo e di noi stessi.


In conclusione, l’autocostruzione di macchine fotografiche stenopeiche offre un’esperienza unica che va oltre la semplice fotografia. Ci mette di fronte a scelte espressive e tecniche, sfidandoci a esplorare il nostro mondo interiore e la realtà circostante da prospettive inaspettate. L’ampliamento della percezione favorisce l’attivazione di processi conoscitivi che possono avere valenza trasformativa e “terapeutica”.

  • from rome to venice #01
  • roma gazometro

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