Sono felice di condividere con voi una review del mio progetto “Rotoforo”, scritta da Steve Bisson del Paris College of Art e Chief Editor di Urbanautica Institute.
“Rotoforo” rappresenta per me un viaggio tra paesaggi esterni e interiori, una riflessione sulla molteplicità del nostro sguardo e su come la fotografia possa diventare un mezzo per esplorare e interpretare il mondo in modi diversi.
Ringrazio Steve per questa lettura attenta e profonda del mio lavoro, che mi invita a continuare a esplorare nuovi punti di vista e a riflettere sulla complessità della percezione. Potete leggere l’intera review qui sotto. ![]()
“Rotoforo” è un dispositivo che consente all’autore di sganciarsi dalla realtà visibile per entrare in una dimensione che ha a che fare con la percezione. La fotocamera è questo strumento che registra il visibile sulla base della nostra intenzionalità, e ci specchia porzioni di mondo. La pinhole è uno di questi strumenti e per come costruita ci ritorna una visione distorta della fisicità del mondo. Ma il punto è proprio qui. Se le cose esistono nel momento che le osserviamo, ora ciò che Baldassari costruisce è altrettanto reale. E potrebbe venire da chiedersi se non sia piuttosto distorta la percezione comune del mondo rispetto a quella dell’individuo. Usando un termine che usa l’autore il mondo filtrato attraverso il dispositivo viene amplificato, in una visione espansa, prolungata oserei dire, che consente all’osservatore di restare nello spazio e percepire altro e di percepire diversamente. L’autore è chiaro in questo “Through the pinhole, photography becomes an act of intimate and subjective observation, a form of interpreting the landscape that surpasses the visible surface”. Il termine superficie qui è fondamentale e pertinente. Come se il visibile fosse un velo che impedisce di percepire davvero. E qui sta la distinzione tra un “ri-conoscere” oggettivo e un “dis-conoscere” soggettivo.
Andiamo oltre, ognuno può quindi reagire a questi costrutti visivi diversamente. Ogni percepito infatti è filtrato a sua volta dalla memoria di ciascuno e si proietta dunque altrettanto diversamente nella mente di chi guarda. Ogni immagine si combina con le “immagini che abbiamo”, e ne forma di nuove. Quindi nella mente le immagini sono sempre sovrapposte, non esistono foto-tipi in questo senso. Possiamo dire che inconsciamente osserviamo in un tempo 3d, non lineare, in cui le immagini del passato si fondono nel presente e proiettano futuro (nuovo). Un po’ come avviene nei sogni.
Dunque il “Rotoforo” di Baldassari ci aiuta, oltre che a osservare un mondo “rivisto” attraverso una pinhole camera, a ingaggiare la percezione dei luoghi attraverso una progettualità, che è fatta anche di sentimenti, di un “sentire” il mondo. Queste “visioni” parlano della mutevolezza della percezione così come dello spazio. Non esiste un mondo, esistono infiniti modi di intenderlo. Forse questa è la chiosa giusta per un lavoro così fatto, che ci invita ad esplorare tra le pieghe e intrecci del visibile.”
testo di Steve Bisson




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